Limitazione degli orari delle sale giochi

1. Commercio – Liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali – Art. 31 d.l. 201/2011 – Ambito di applicazione
2. Enti locali – Sindaco – Competenza a disciplinare l’orario delle sale giochi – Fondamento – Art. 50, comma 7, d.lgs. n. 267/2000
3. Enti locali – Sindaco – Limitazione degli orari delle sale giochi – Ordinanza – Illegittimità – Fattispecie

TAR Lombardia, Milano, sez. I – Sentenza 20 dicembre 2012, n. 3165

1. La riforma introdotta dall’art. 31 del d.l. 201/2011, convertito in legge dall’articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successivamente modificato dall’articolo 1, comma 4-ter, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 si inserisce nell’ambito della liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali iniziata con l’articolo 12, comma 1, del d.lgs. n. 114/1998, recante la riforma della disciplina relativa al settore del commercio, che aveva proceduto a liberalizzare l’apertura degli esercizi commerciali nei comuni ad economia prevalentemente turistica e nelle città d’arte, prevedendo espressamente che in tali comuni “gli esercenti possono derogare dall’obbligo di cui all’articolo 11, comma 4”, secondo cui “gli esercizi commerciali osservano la chiusura domenicale e festiva dell’esercizio”. Il suo ambito di applicazione risulta chiaro non solo dall’espresso riferimento agli esercizi commerciali, ma anche dal fatto che il primo comma della norma modifica l’articolo 3, comma 1, lettera d-bis), del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, anch’esso riferito agli orari degli esercizi commerciali. A ciò si aggiunge che la predetta liberalizzazione degli orari costituisce attuazione della disciplina dell’Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, contenuta nella direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, nel cui campo di applicazione certamente ricadono gli esercizi commerciali, ma non il gioco d’azzardo e di fortuna comprese le lotterie, le scommesse e le attività delle case da gioco, nonché le reti di acquisizione del gettito, come espressamente indicato nell’articolo 2, paragrafo 2, lettera h) della direttiva e negli articoli da 3 a 7 del d.lgs. 26 marzo 2010, n. 59, attuativo della direttiva comunitaria. Deve quindi escludersi che il principio di liberalizzazione degli orari possa estendersi al settore del gioco pubblico, che è estraneo sia al campo dei servizi liberalizzati dalla disciplina comunitaria, sia più in particolare al settore del commercio, ma afferisce principalmente alla materia della pubblica sicurezza di cui all’art. 117, comma 2 lettera h) della Costituzione. Da ciò consegue che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 31 del d.l. 201/2011, convertito in legge dall’articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successivamente modificato dall’articolo 1, comma 4-ter, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 è manifestamente infondata.
2. La competenza del sindaco a disciplinare l’orario delle sale giochi trova pieno riconoscimento nell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, secondo cui il sindaco coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, “gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici”. Dalla particolare ampiezza della nozione di “pubblico esercizio” contenuta nella disposizione, in linea con indirizzi sul punto già espressi dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. TAR Veneto, sez. III, 4 luglio 2007, n. 2198), deve ritenersi che rientrino senz’altro nella predetta nozione anche le attività di intrattenimento espletate all’interno di sale giochi. E invero, il connotato tipizzante di un pubblico esercizio è la fruibilità delle prestazioni ivi erogate a parte della collettività indifferenziata, i cui componenti sono tutti ammessi ad avvalersene a richiesta. Le sale giochi, in quanto locali ove è possibile fruire di una prestazione ludica e di svago, non configurano, seguendo l’elencazione contenuta nell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, né esercizi commerciali (non essendo la vendita l’attività principale praticata), né servizi pubblici, bensì, appunto, pubblici esercizi, di talché per dette sale il sindaco può esercitare la potestà regolatoria degli orari di apertura e chiusura al pubblico.
3. È illegittima l’ordinanza con la quale il Sindaco ha fissato dalle ore 11:00 alle ore 24:00 l’orario delle sale pubbliche da gioco nel caso in cui tale limitazione di orario non risulti fondata su un’adeguata valutazione della situazione di fatto, che evidenzi quali siano le necessità concrete da armonizzare per l’espletamento dei suddetti servizi nel quadro delle esigenze complessive e generali degli utenti. Infatti l’ordinanza individua una serie di interessi da tutelare (minori, quiete pubblica, ordine pubblico, salute) la cui lesione è solo astrattamente affermata e si fonda esclusivamente sui rischi connessi allo svolgimento dei giochi leciti. La limitazione degli orari deve invece contemplare un accurato bilanciamento tra valori ugualmente sensibili (il diritto alla salute e l’iniziativa economica privata), sulla scorta di approfondite indagini sulla realtà sociale della zona, con l’acquisizione di dati ed informazioni – il più possibile dettagliati ed aggiornati – su tendenze ed abitudini dei soggetti coinvolti (TAR Lombardia, Brescia, sez. II, 5.6.2012, n. 996; TAR Lombardia, Brescia, sez. II, sentenza 31 agosto 2012, n. 1484). Pur trattandosi infatti di un potere di carattere generale, diverso da quello contingibile ed urgente, il suo esercizio nel momento in cui incide su diritti costituzionalmente tutelati è comunque subordinato all’individuazione di concrete ed effettive ragioni di interesse pubblico di rilievo costituzionale, la cui tutela non fuoriesca dalle competenze dei comuni e possa essere soddisfatta attraverso il potere in questione. Nel caso all’esame, invece, il comune ha espresso in motivazione generiche esigenze di tutela, che finiscono per esprimere un indirizzo contrario alla legge in mancanza di una chiara ed effettiva necessità di tutela della popolazione interessata, che possa essere soddisfatta con la limitazione degli orari.

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