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Divieto di “sexy shop” nel centro storico

Enti locali – commercio – sexy shop – divieto di insediamento nel centro storico comunale – deliberazione consiliare – illegittimità

TAR LOMBARDIA-BRESCIA, SEZ. II – Sentenza 7 maggio 2014, n. 480

È illegittima la deliberazione consiliare recante “disposizioni per la valorizzazione del commercio negli ambiti del tessuto urbano consolidato”, nella parte in cui vieta l’insediamento nel centro storico del comune di esercizi per il commercio al dettaglio di articoli per adulti (sexy shop), considerato che la totale preclusione introdotta con riguardo al centro storico risulta irragionevole e sproporzionata, ove rapportata ad un’attività economica quale è quella concretamente intrapresa nel caso di specie (vendita di materiale erotico o pornografico mediante apparecchi automatici). Il comune ha diffusamente illustrato le ragioni sottese alla scelta, con la valorizzazione della funzione di aggregazione sociale degli esercizi di vicinato, la possibilità di interscambio e incontro tra cittadini, il presidio dell’integrità del territorio, il sostegno alle attività locali, la salvaguardia dell’identità dei prodotti e delle peculiarità dei luoghi, lo sviluppo di un turismo di qualità. Tuttavia difetta totalmente il bilanciamento dei predetti interessi con il valore comunitario della concorrenza e la spinta alla piena liberalizzazione delle attività economiche promossa dalla normativa comunitaria e nazionale (art. 31, comma 2, del d.l. 6.11.2011, n. 201 conv. in legge 22.12.2011, n. 214; d.l. 24.1.2012, conv. in legge 24.3.2012, n. 27). Gli obiettivi da perseguire, seppur meritevoli, non appaiono integrare le “gravi ragioni di interesse generale” che dovrebbero sostenere la previsione regolamentare totalmente ostativa all’insediamento, perché in questo senso non risultano compiuti approfondimenti istruttori, attraverso un’analisi puntuale di dati economici delle attività già insediate nel centro storico ovvero l’elaborazione di relazioni aggiornate sul contesto socio-ambientale. L’amministrazione locale è in buona sostanza tenuta a compiere un accurato bilanciamento tra le esigenze di liberalizzazione e di tutela della concorrenza e la tutela di valori quali la salute, l’ambiente ed i beni culturali, potendo in teoria concludere per l’introduzione di vincoli e divieti per zone territoriali laddove nessun’altra misura meno restrittiva ed invasiva della libertà di iniziativa economica privata consenta di tutelare efficacemente gli anzidetti valori (cfr. per un precedente T.AR Lazio, Roma, sez. II-ter, 18.10.2013, n. 9016). Il richiamo ai beni architettonici, ambientali e di decoro è nel caso esaminato insufficiente, poiché il principio di proporzionalità esige una minuziosa ponderazione comparativa tra il risultato da perseguire e il metodo adoperato. Nello specifico, non sono state minimamente indagate modalità alternative meno impattanti sull’iniziativa economica, come quelle che ammettono l’esercizio dell’attività favorendo un accesso discreto agli apparecchi da parte degli utenti, che il principio di proporzionalità avrebbe invece imposto.


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