Anci in audizione alla Camera: i sindaci devono poter regolare le aperture degli esercizi commerciali

23 Settembre 2013
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E se le liberalizzazioni avessero creato un danno al principio di concorrenza invece di promuoverlo? E se avessero danneggiato anche la qualità della vita dei cittadini? È il caso degli orari di apertura degli esercizi commerciali nelle città. Lo hanno spiegato ieri nel corso di un’audizione alla Commissione Attività produttive della Camera Sara Biagiotti e Nadia Monti, rispettivamente assessori allo Sviluppo economico di Firenze e al Commercio di Bologna.
Le due esponenti dell’Anci hanno consegnato alla Commissione un documento nel quale viene chiesto che “siano attribuite ai Sindaci facoltà di coordinamento e riorganizzazione degli orari degli esercizi pubblici”, modificando così l’articolo 50 del t.u.e.l. che ha invece abolito i limiti giornalieri e orari.
“Il caso tipico che rende indispensabile questo intervento – spiega Biagiotti – è quello dei quartieri della movida: in queste zone della città gli esercizi commerciali si moltiplicano e chi non può stare aperto anche la notte, per mancanza di mezzi o di risorse, viene penalizzato. Intanto le notti insonni dei residenti annullano la loro qualità della vita. Per questo chiediamo che i Sindaci possano avere la possibilità di conciliare le esigenze dei commercianti, della giusta concorrenza e del diritto alla qualità della vita dei cittadini, innanzitutto attraverso una regolamentazione di orari e giorni di apertura degli esercizi commerciali”.
Non ci sono però solo i quartieri della movida: “Il tema si estende anche ai problemi di sostenibilità ambientale, sociale e di viabilità che, per esempio, alcune concentrazioni di esercizi commerciali possono creare e che ad oggi restano ingovernabili”.
E la questione, fa notare Monti, “abbraccia più in generale la governance delle città: non si tratta – spiega – della semplice regolamentazione degli orari, perché le ricadute di questo tipo di liberalizzazione sono importanti anche dal punto di vista sociale. Se in una famiglia si lavora sette giorni su sette, per esempio, vuol dire che non c’è più il tempo per prendersi cura dei figli o degli anziani a carico nei giorni di riposo. E in questo caso cosa si fa? Si aumentano le strutture ricettive pubbliche per anziani e bambini? Con quali risorse? È un modello di società che cambia e noi dobbiamo essere in grado di dare risposte alle nuove esigenze o, appunto, regolamentare l’apertura degli esercizi commerciali”.
“Il commercio di vicinato – concludono le esponenti dell’Anci – va comunque valorizzato e difeso, perché rappresenta un ideale presidio del territorio e un’attrazione per cittadini e turisti. Ma è necessario anche contemplare il diritto alla qualità della vita dei cittadini e la leale concorrenza”.