Disciplina della commercializzazione della canapa light

Approfondimento di Michele Orlando

La legge n. 242/2016, che si propone di incentivare la filiera agroindustriale della canapa, consente all’agricoltore la coltivazione delle 62 varietà di cannabis sativa L incluse nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell’art. 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, le quali vengono, quindi escluse dall’ambito di applicazione del testo unico in materia di stupefacenti.

Il Ministero dell’interno ha diramato due circolari (20/7/2018 e nel 9/05/2019), impartendo gli indirizzi operativi da applicarsi nelle fasi dei controlli:

  • la legge n. 242/2016 non prevede la vendita delle infiorescenze per consumo personale attraverso il fumo o altra analoga modalità di assunzione;
  • l’esimente prevista per il coltivatore non è estendibile al venditore delle infiorescenze;
  • le infiorescenze della canapa con tenore superiore allo 0,5% rientrano nella nozione di sostanze stupefacenti;
  • le iscrizioni poste sulle confezioni, sui siti e nei negozi non escludono la responsabilità del venditore e dell’acquirente;
  • la cessione o la semplice presenza all’interno degli esercizi commerciali di prodotti o piante con concentrazioni aderenti alla nozione di sostanze stupefacenti, porta ad apprezzare le condotte di detenzione e vendita di tali prodotti alla luce delle disposizioni contenute nel Testo Unico delle leggi in materia di sostanze stupefacenti;
  • la possibilità, da parte delle forze di Polizia di procedere al controllo di prodotti non pertinenti o non perfettamente aderenti alle normative e dunque nell’eventualità di analisi superiori allo 0,5% di THC di procedere al sequestro;
  • sollecita i prefetti, i commissari di governo per le Province di Trento e Bolzano e il presidente della Giunta regionale della Valle d’Aosta, a sottoporre all’attenzione dei Comitati provinciali
  • per l’ordine e la sicurezza pubblica – allargati alla partecipazione dei rappresentanti della Regione, dei sindaci dei Comuni di maggiore dimensione e di quelli interessati dalla presenza degli esercizi commerciali in argomento, nonché dei rappresentanti della magistratura – l’esigenza di “un’approfondita analisi del fenomeno, che tenga conto di tutti i fattori di rischio” legati alla commercializzazione. In quella sede di analisi “dovrà essere innanzitutto disposta una puntuale ricognizione di tutti gli esercizi e le rivendite presenti sul territorio, in condivisione con le Amministrazioni comunali ed attraverso il concorso dei rispettivi Comandi di Polizia locale e degli Sportelli deputati al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative” e “nel corso di questo monitoraggio, una cura particolare dovrà riguardare la verifica del possesso delle certificazioni su igiene, agibilità, impiantistica, urbanistica e sicurezza, richieste dalla legge per poter operare”;
  • va posta attenzione alla localizzazione degli esercizi, con riferimento alla presenza nelle vicinanze di luoghi sensibili quanto al rischio di consumo delle sostanze, come le scuole, gli ospedali, i centri sportivi, i parchi giochi, e, più in generale, i luoghi affollati e di maggiore aggregazione, soprattutto giovanile;
  • gli esiti dell’attività di ricognizione condotta saranno sottoposti alle valutazioni del medesimo Comitato, al fine di declinare un programma straordinario di prevenzione di eventuali comportamenti vietati da parte degli operatori commerciali, specialmente se diretti verso la categoria più vulnerabile degli adolescenti;
  • i servizi di “osservazione” realizzati potranno consentire lo svolgimento di apposite analisi sui prodotti acquistati negli esercizi in esame, finalizzate a scongiurare situazioni di detenzione e vendita che rientrano nel perimetro sanzionatorio della normativa antidroga;
  • le preminenti ragioni della tutela della salute e dell’ordine pubblico messe in pericolo dalla circolazione di siffatte sostanze dovranno essere segnalate agli enti locali affinché le tengano in debita considerazione in relazione alle possibili nuove aperture di simili esercizi commerciali, prevedendo una distanza minima di almeno cinquecento metri dai luoghi considerati a maggior rischio.

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