L’omessa comunicazione all’Autorità di P.S. delle generalità degli ospiti da parte delle strutture ricettizie è ancora reato

La Corte di Cassazione ha preso in esame la questione dell’omessa comunicazione all’Autorità di Pubblica Sicurezza delle generalità dei clienti da parte degli alberghi.

Il GIP, infatti, aveva emesso una sentenza con la quale aveva dichiarato il non doversi procedere, perché il fatto non costituisce reato, nei confronti di un gestore di una struttura ricettizia che aveva omesso di comunicare all’Autorità di Pubblica Sicurezza le citate informazioni.

Ma il Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha proposto ricorso in Cassazione contro la pronuncia del GIP eccependo l’inosservanza dell’articolo 2 TULPS.

Vediamo cosa ha deciso la Corte di Cassazione in ordine a tale problematica.

COSA HA DETTO LA CORTE DI CASSAZIONE

Cass. Pen. Sez. III, ud. 10 febbraio 2022 (dep. 14 giugno 2022), n. 23096

I Giudici della Suprema Corte hanno ritenuto il ricorso fondato.

La questione sottesa all’impugnazione era stata già affrontata dalla Cassazione, dovendosi richiamare sul punto la condivisa affermazione (Sez. 1, n. 35573 del 17/11/2020, Rv. 280057 e Sez. 1, n. 42565 del 06/11/2008, Rv. 241720), secondo cui integra l’ipotesi di reato di cui agli articoli 17 e 109 del TULPS, la condotta di omessa comunicazione all’Autorità di Pubblica Sicurezza delle generalità dei clienti da parte del preposto alla conduzione di un albergo.

Si è in particolare evidenziato, con la prima delle due pronunce sopra richiamate, che, quanto alla sanzione applicabile per la violazione delle disposizioni di cui all’articolo 109 del TULPS, gli interventi normativi che si sono succeduti nel tempo hanno determinato negli anni non poche incertezze applicative.

Il D.lgs. 480/1994, art. 4, aveva infatti modificato il comma 4 dell’articolo 109 del TULPS, prevedendo la sanzione penale specifica differenziata tra persona alloggiata italiana o straniera; con l’intervenuto del D.L. 97/1995, convertito dalla L. 203/1995 (riordino della materia del turismo, spettacolo e sport) si disponeva la modifica dell’art. 109 commi primo, terzo e quarto, TULPS, quest’ultimo comma ancora modificato con la previsione di un’unica sanzione amministrativa, con conseguente depenalizzazione.

La L. 135/2001, legislazione nazionale del turismo, ha successivamente riscritto per intero l’art. 109 TULPS in tre commi e non ha previsto alcuna sanzione, né penale né amministrativa, determinando in tal modo l’applicazione della sanzione penale ai sensi dell’articolo 17 TULPS, con la conseguenza che, come precisato dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 3, n. 37145 del 07/07/2005, Rv. 232474 e Sez. 1, n. 42565 del 06/11/2008, Rv. 241720), l’obbligo per i gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricreative di comunicare all’Autorità locale di pubblica sicurezza le generalità delle persone alloggiate entro le 24 ore successive al loro arrivo è rimasto penalmente rilevante alla luce della disposizione sussidiaria di cui all’articolo 17 TULPS, avendo la L. 135/2001 riformulato la norma eliminando la sanzione amministrativa che era stata introdotta con la depenalizzazione del D.L. 97/1995.

Con il D.lgs. 79/2011 (codice statale in tema di ordinamento e mercato del turismo), è stata abrogata la L.135/2001. Tuttavia, come chiarito da questa Corte nella citata sentenza n. 35573 del 2020, la sostituzione in toto della predetta legge con la novella non comporta affatto l’eliminazione dell’effetto abrogativo sostitutivo dell’articolo 109 TULPS, che si è già verificato e non può derivarne la riviviscenza del testo introdotto con il D.L. 97/1995 che prevedeva la sanzione amministrativa. Ciò trova conferma anche nel fatto che il successivo D.L. 201/2011, convertito dalla L. 214/2011, nel prevedere la semplificazione degli adempimenti per la registrazione dei clienti nelle strutture recettive, ha modificato il solo comma 3 dell’articolo 109 TULPS, facendo riferimento al testo di tale norma formulato dalla L. 135/2001 che, quindi, ha considerato vigente anche dopo l’intervenuta abrogazione.

I Giudici del Palazzaccio, quindi, hanno concluso che la condotta di omessa comunicazione dei dati dei clienti alle Questure entro le ventiquattro ore successive all’arrivo, per effetto del combinato disposto degli articoli 17 e 109, comma 3, TULPS è ancora penalmente rilevante, a differenza del mero ritardo nella consegna dei dati, che invece non costituisce più reato (Sez. 1, n. 32777 del 09/04/2014, Rv. 260535). Del resto, l’art. 19 bis, comma 1, del D.L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla L. 132/2018, ha disposto che l’articolo 109 TULPS “si interpreta nel senso che gli obblighi in esso previsti si applicano anche con riguardo ai locatori o sublocatori che locano immobili o parti di essi con contratti di durata inferiore a trenta giorni”, così ulteriormente confermando la vigenza della disposizione e del conseguente apparato sanzionatorio penale.

Alla luce di tali considerazioni, la sentenza impugnata è stata pertanto annullata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale perché, nella libertà delle proprie valutazioni di merito, faccia applicazione del seguente principio di diritto: “costituisce reato, a norma del combinato disposto degli R.D. n. 773 del 18 giugno 1931 artt. 17 e 109, e successive modifiche, la condotta di omessa comunicazione all’Autorità di P.S. delle generalità dei clienti da parte del preposto alla conduzione di un albergo”.

 

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