Procedimenti suap in variante agli strumenti urbanistici

La Puglia è la prima Regione italiana a dare attuazione al DPR 160/10 (nuovo regolamento nazionale sul funzionamento e le competenze dello Sportello Unico per le Attività Produttive) ed in particolare all’art.8, che disciplina l’esame e l’approvazione da parte del Comune di progetti edilizi in variante ai vigenti strumenti urbanistici per la costruzione, ristrutturazione, ampliamento di opifici industriali.

La deliberazione n.2581 dello scorso 22 novembre, pubblicata sul BURP n.196 del 20 dicembre, si concreta in un Regolamento assai dettagliato, che definisce tutte le fattispecie ammesse ed escluse dalla procedura, scandisce tempi e fasi del procedimento, elenca gli elaboratiscritto-grafici da presentare in allegato all’istanza a cura del proponente l’intervento, descrive i compiti del responsabile dello sportello unico per le attività produttive, e soprattutto fornisce un utile strumento a disposizione del funzionario comunale addetto, costretto a districarsi con numerose difficoltà fra le asperità e criticità del procedimento.

In pratica il regolamento pugliese colma le numerose lacuna di quello nazionale, rafforzando gli ormeggi del Comune per evitare iniziative speculative ed intensamente invasive sul territorio, suggerendo al Responsabile del Suap ed al Consiglio Comunale, chiamato poi ad approvare il progetto, una serie di criteri per una opportuna, oltre che legittima valutazione delle istanze, eliminando tutte le zone d’ombra create dal DPR 160/10 nelle quali è forte il rischio di iniziative eccessivamente sbilanciate in favore dell’interesse privatistico dell’imprenditore a detrimento di quello pubblico.
Al tempo stesso, velocizza l’iter di approvazione del progetto in conferenza di servizi e Consiglio Comunale, eliminando tempi morti ed arbitri delle Pubbliche Amministrazioni coinvolte.

E’ ovvio che il Regolamento pugliese potrà costituire l’esempio per altre Regioni ma anche per i Comuni, in caso di inerzia della Regione nell’approvazione di un proprio regolamento.

Dopo aver individuato i casi ammessi ed esclusi dalla procedura (sostanzialmente quelli già individuati dal DPR 160/ 10 fra cui le medie e grandi strutture di vendita, che dunque non potranno essere realizzate in zone agricole per esempio e cioè al di fuori di aree appositamente vocate dal Piano Regolatore Generale), il regolamento pone un primo distinguo fondamentale nell’approccio ermeneutico.

Si distingue fra nuova realizzazione, intesa come nuova costruzione su area libera, ed ampliamento, inteso come incremento volumetrico o di supercie coperta in misura non superiore al 100% dell’esistente opificio (qualora l’incremento superasse invece il 100% si tratterebbe di nuova realizzaizone).

Questo, perché, anche sulla scorta di un consolidato orientamento giurisprudeziale (vedi Tar Milano sent.160/10), oltre che in linea con la ratio del DPR 160/10 ispirata a sostenere le esigenze di espansione imprenditoriale, un conto è il progetto su area “vergine”, cioè non compromessa da interventi già realizzati, ed un altro conto è il progetto su area ormai segnata da pregresse antropizzazioni: in tale ultima fattispecie, si abbasserà la soglia di tuela dell’interesse pubblico rappresentato da una corretta gestione del territorio, che lascerà, dunque, maggiori margini operativi al soggetto che chiede di realizzare un intervento normalmente non ammesso dalla vigente strumentazione urbanistica comunale.

E così in caso di “ampliamento” il Responsabile prescinderà dalla verifica della inesistenza/insufficienza di aree industriali, che invece dovrà essere effettuata nel caso di realizzazione ex novo dell’intervento.

Al riguardo, si rileva che un’area industriale è quella così tipizzata dallo strumento urbanistico generale (a prescindere se sia dotata di opere di urbanizzazione primaria ed infrastrutture o inclusa in un PIP o in proprietà di soggetti diversi dal proponente l’intervento); altresì un’area industriale è insufficiente, quando in base alla classificazione di PRG esiste ma non è idonea ad accogliere quel tipo di manufatto proposto in virtù delle sue caratteristiche peculiari (per es. impianti che utilizza, dimensioni del prodotto finito, necessità di essere vicino a particolari infrastrutture come nel caso di cantieri navali che necessitano di sorgere vicino al mare).

La variante proposta agli strumenti urbanistici può riguardare quello generale (il PRG) e quelli attuativi (PIP, P.P. ecc): nel primo caso, la procedura prevede l’intervento obbligatorio e vincolante della Regione, nel secondo no, trattandosi di competenza esclsuivamente comunale.

Inoltre la variante può essere zonizzativa, se riguarda un intervento (Capannone o tettoia) a farsi in zona urbanisticamente difforme in base al D.I.1444/68 (per esempio agricola) oppure normativa, se riguarda un intervento che sorge in zona destinata ad insediamenti industriali ma in contrasto con i relativi indici (densità fondiaria, altezza dei fabbricati, numero dei piani, distanza dal confine, ecc.).

Ancora la variante può essere di tipo procedimentale, quando il manufatto è previsto in zona conforme al PRG ma in assenza di piano attuativo, pur previsto dal primo: in tale ultimo caso, il Responsabile avrà cura di verificare che l’intervento non incida sulla futura pianificazione urbanistica attuativa di competenza comunale a tutela dell’interesse generale ad una ordinata gestione del territorio ideata in fase di PRG.

In generale, il nuovo procedimento derogatorio è ispirato ai prinicipi dello snellimento burocratico, spesso invocato dagli imprenditori, coniugato tuttavia con quello di tutela del territorio.

Ne costituisce un esempio il fatto che il Responsabile del Suap, nella verifica istruttoria dellìistanza, non è più tenuto, come peraltro ora consente il DPR 160/10 che sul punto ha innovato al DPR 447/98, ad acquisire prima della conferenza di servizi il parere di compatibilità del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, del Servzio Igiene Pubblica dell’Asl e dell’Arpa o di altre autorità preposte alla tutela ambientale.

Tali pareri saranno assunti, unitamente a quelli di tutte le autorità a vario titolo interessate, in conferenza di servizi, che non dimentichiamo costituisce il luogo nel quale viene collegialmente esaminata ed eventualmente la pratica.

A tal proposito, innovando prepotenetemente rispetto alla precedente disciplina regionale, il nuovo regolamento, sulla scorta della intervenuta modifica dell’art.14 ter c.7 della L.241/90, ammette l’istituto del “silenzio- assenso” anche con riferimento alla mancata partecipazione in conferenza di servizi del Settore Urbanistico Regionale.
Si tratta di un rivoluzionario elemento di discontinuità rispetto al apssato, in grado di accelerare sensibilmente un’iter amministrativo che troppo spesso si incagliava nelle pastoie e nei tempi biblici di espressione della Regione.

Ulteriori novità della novella regionale (che peraltro fornisce una esaustiva checklist degli elaborati scritto-grafici da produrre in allegato all’istanza), rispetto alla lacunosa disciplina nazionale del DPR 160/10, sono rappresentate dalla previsione:

  • del termine di 60 giorni, decorrenti dalla data di svolgimento dell’ultima seduta della conferenza di servizi che ha approvato il progetto, per la fase della pubblicità finalizzata al deposito di eventuali osservazioni al progetto (in linea con quanto statuito dalla L.1150/42) prima dell’esame del progetto da parte del Consiglio Comunale;
  • di un termine obbligatorio che deve essere indicato- a pena di decadenza della variante urbanistica- nella delibera di Consiglio Comunale per l’inizio dei lavori, decorrente dal giorno della stessa delibera, per assicurare certezza giuridica all’attuazione dell’intervento derogatorio;
  •  della possibilità della variazione di titolarità dell’impianto e dell’attività, anche dopo la deliberazione di Consiglio Comunale avente ad oggetto l’approvazione della variante urbanistica, senza che ciò comporti la ripetizione dell’iter dell’art.8 del DPR 160/10, risolvendosi pertanto in una mera voltura;
  • dell’opportunità che un qualsiasi intervento previsto in zone destinate ad attrezzature di interesse collettivo (tipizzate dal PRg come zon “F”) sia accompagnato da una preventiva verifica, da parte del Responsabile del Suap, della tenuta dello strumento urbanistico che non può tollerare il sacrifcio di aree per interventi destinati alla collettività sull’altare dello svilluppo imprenditoriale;
  • della necessità, infine, di inserire in convenzione urbanistica da stipulare fra ditta e Comune ogni opportuna clausola a tutela dell’interesse pubblico, che funga da deterrente contro iniziative speculative.
    di Pippo Sciscioli

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