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Frequenze radiotelevisive: la pronuncia della Corte di Giustizia Europea

Il regime italiano di assegnazione delle frequenze radiotelevisive non risponde ai criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati richiesti dalla normativa comunitaria. I giudici della Corte di Giustizia hanno così rimarcato l’incredibile e annosa vicenda dell’emittente italiana Centro Europa 7, dal 1999 in possesso di una autorizzazione a trasmettere a livello nazionale con segnale analogico, ma di fatto impossibilitata per via della mancata assegnazione delle radiofrequenze, lasciate in uso a quanti già ne usufruivano. La sentenza ha il valore di un pronunciamento pregiudiziale, richiesto dal Consiglio di Stato a seguito dell’impugnazione da parte dell’emittente di una sentenza del 2004 del Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Le parti coinvolte in giudizio dal ricorso di Centro Europa 7 sono il Ministero delle Comunicazioni, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e la Direzione generale per le concessioni e le autorizzazioni del Ministero delle Comunicazioni. La controversia richiamata dal giudice del rinvio riguarda il risarcimento del danno subito da Centro Europa 7 per non aver mai potuto trasmettere. La sentenza ricorda che nemmeno l’intervento della Corte costituzionale consentì di sbloccare la situazione di stallo causata dalla mancata attuazione del piano nazionale del 1998 per l’assegnazione delle radiofrequenze. Con la sentenza 466/2002 veniva infatti fissato al 31 dicembre 2003 il termine entro il quale i programmi irradiati dalle reti eccedenti avrebbero dovuto essere trasmessi solo via satellite o via cavo. La legge n. 43 del 24 febbraio 2004 permise infatti la proroga dell’esercizio delle reti eccedenti in attesa di un’indagine dell’Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni. Di lì a breve, la legge n. 112 del 3 maggio 2004 avrebbe prolungato la possibilità per le reti eccedenti di continuare a trasmettere sulle frequenze terrestri fino all’attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la televisione digitale. Tale legge impediva inoltre ad operatori diversi da quelli che di fatto trasmettevano su frequenze terrestri di partecipare alla sperimentazione della televisione digitale. I giudici europei hanno quindi riconosciuto che la normativa italiana, protraendo l’assegnazione delle frequenze a un numero limitato di operatori per un tempo indefinito, ha nei fatti ostacolato la prestazione dei servizi nel settore delle trasmissioni radiotelevisive proteggendo la posizione degli attori già presenti sul mercato. Il mancato accesso al mercato subito da Centro Europa 7 è chiaramente contrario ai principi di libera concorrenza previsti dal Trattato CE e al principio del pluralismo delle fonti di informazione richiamato dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.


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