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Regolamentare il gioco d’azzardo: potere dello Stato e non dei sindaci

La regolamentazione del gioco lecito è di esclusivo dominio statale. Per chi infatti desidera mettere su una sala da gioco o aprire il proprio locale alle slot machine è previsto l’obbligo di presentare apposita richiesta alla questura, la quale di norma, fatta eccezione per la sussistenza di precedenti penali a carico del richiedente, ne accetta l’accoglienza. Niente possono fare, quindi, le amministrazioni comunali e i delegati uffici per le procedure di autorizzazione delle sale e delle rispettive postazioni gioco distribuite territorialmente. Al contrario, amministrazioni e cittadini possono effettivamente giungere a conoscenza delle sale giochi che sono state autorizzate soltanto una volta che ne è stata avviata la realizzazione.

Gli interventi promossi dai sindaci, mediante ordinanze e prescrizioni, volti a regolamentare gli orari di apertura e chiusura dei siti di gioco, o viceversa a stabilizzare le distanze minime da frapporre tra questi e i luoghi cittadini considerati sensibili (come scuole, ospedali o spazi religiosi), hanno tutti indistintamente incontrato il muro oppositivo innalzato al riguardo dai Tribunali amministrativi regionali (Tar). Le azioni dei sindaci sono state respinte proprio in virtù del fatto che le norme regolatorie del gioco lecito vanno a ricadere tutte nell’esclusiva competenza statale. La parola dei sindaci in questo caso sembra contare ben poco.

Ciò nonostante, le amministrazioni non hanno rinunciato a perseguire funzionalità considerate inamovibili e doverose per la promozione del benessere e della salute delle rispettive cittadinanze, perseguendo l’emanazione di norme ad hoc ed aprendo le porte al dibattito pubblico. Sono stati organizzati eventi ed incontri coi cittadini, sono stati resi operativi percorsi formativi per gli studenti delle scuole, si è tentato di coinvolgere la stampa locale e nazionale in vista di una campagna informativa maggiormente estesa, infine è stato sottoscritto dagli stessi sindaci il rispettivo Manifesto, congiuntamente all’atto ‘Scuola delle buone pratiche’, volto a legittimare la protesta contro il gioco d’azzardo.

Ora, a distanza di una settimana esatta dall’iniziativa “Gioco d’azzardo e territorio: cosa fanno i sindaci” tenutasi a Fieramilanocity il 15 marzo scorso, pare che comincino ad aprirsi i primi spiragli normativi. La Corte costituzionale, al riguardo, con la sentenza 300 del 2001 aveva già riconosciuto ai comuni la legittimità di mettere mano alla regolamentazione ed alla limitazione degli accessi alle apparecchiature di gioco, al fine di contrastare la diffusione del fenomeno del gioco compulsivo e così tutelare quelle categorie di soggetti più facilmente vulnerabili o immature che risultano conseguentemente più esposte al pericolo ‘vorticoso’ della vincita facile. La recente sentenza, numero 1448 del 31 agosto 2012, emanata dal Tar Lombardia, Brescia sezione II, è intervenuta riprendendo il parere deliberato dalla Corte costituzionale, pronunciandosi a favore del Comune di Bagnolo Mella, nel bresciano.

Entrambe le sentenze di cui si fa menzione aprono dunque prospettive nuove per le ordinanze ed i regolamenti diffusi dai comuni; la disciplina dei poteri in mano ai primi cittadini tuttavia esige regolamentazioni formalmente normative, non accontentandosi soltanto dei chiarimenti delle sentenze. Oramai sono arcinote, a livello comunitario, le ripercussioni fortemente negative che ha scaturito la liberalizzazione, senza governo alcuno, del gioco d’azzardo. La normativa vigente infatti, se da un lato tenta di disciplinare il gioco per scongiurare l’illecito e la clandestinità, dall’altro non si è fino ad ora rivelata capace di contrastare efficacemente le reti di criminalità organizzata che ruotano attorno al gioco.

Sono queste le ragioni che hanno portato i sindaci in prima linea nella richiesta di una legge-quadro nuova che sia conforme alle misure necessarie per contrastare gli esiti nefasti del gioco d’azzardo, e cioè: ridefinire le procedure per le autorizzazioni, fare in modo che lo Stato possa recuperare la programmazione politica sulle attività di gioco d’azzardo, ed infine riportare in un ambito di gestione e controllo il ruolo di competenza dell’amministrazione autonoma monopoli nei confronti della quale lo Stato italiano ha demandato l’autorità sull’intero comparto dei giochi. Lo stesso ambito di competenza, oggi, è gestito più come promozione del gioco che come controllo del medesimo o delle regole a cui dovrebbe sottostare.

Appare un’evidenza sempre più sentita quella di rafforzare i presupposti di legalità nelle procedure autorizzative, organizzative e di accertamento di tutte le forme di gioco, oltre che prevedere strumenti di verifica adeguati nei confronti dei titolari di società anonime e straniere che agiscono sul territorio nostrano tramite figure intermediarie. Su quest’ultimo punto, in particolare, ha insistito persino la relazione della Commissione parlamentare antimafia 2012. Una normativa efficiente dovrebbe concretamente operare l’impedimento dell’accesso ai giochi d’azzardo da parte dei minori, dovrebbe altresì intervenire sulla tassazione di giochi (oggi ferma al 10%) rendendola equamente comparabile alle altre tassazioni, ed infine prevedere una moratoria per l’installazione di nuovi giochi e per l’apertura di nuove sale, limitando però i messaggi pubblicitari e garantendo una corretta rete informativa per il pubblico. La legge deve tenere anche conto delle indicazioni fornite dall’Organizzazione mondiale della sanità che vede appunto nel gioco d’azzardo compulsivo una forma di malattia morbosa la quale, in assenza di misure preventive ed informative idonee, rischia di cagionare un vero e proprio disagio sociale. D’importanza fondamentale si rivela dunque anche la necessità di corredare alla nuova normativa forme di finanziamento che siano opportunamente calibrate alla cura e alla gestione del gioco patologico onde garantire i diritti già vigenti per chi soffre di altrettante dipendenze, progettando persino la destinazione a tale scopo di una percentuale degli introiti di gioco.

A titolo conclusivo, si ricorda come la legge quadro debba andare a toccare anche la previsione di una quota dei premi non riscossi da destinare ad attività di ricerca, prevenzione e cura atte a monitorare le conformazioni del gioco problematico in Italia. Anche le leggi regionali non sono esenti dal quadro prospettico delineante la prevenzione e il trattamento della dipendenza dal gioco d’azzardo; anch’esse infatti devono assicurare a tal proposito l’erogazione continuativa di specifici livelli assistenziali che siano il frutto dell’operato condiviso di enti locali, istituzioni scolastiche, Aziende sanitarie locali, associazioni accreditate e iscritte agli albi regionali, gli esercenti e le rispettive categorie, gli organismi del terzo settore, senza poi contare le associazioni scientifiche preposte allo studio della specifica patologia.

Spetta dunque ai sindaci il compito di regolarizzare la distribuzione allocativa delle sale e delle apparecchiature di gioco, definendo le opportune distanze da mantenere rispetto ai siti sensibili della città, regolando l’orario di apertura e chiusura delle sale, dei bar e degli altri enti territoriali fruitori di slot machine o di differenti dispositivi di gioco.

Fonte: Leggioggi.it


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