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Esercizi di vicinato: nessuna limitazione per gli arredi utilizzati per il consumo sul posto della gastronomia

Per il Garante, come precisato nel parere espresso il 4 gennaio 2012 ( bollettino n. 51 del 9 gennaio 2012), agli esercizi di vicinato non deve essere preclusa la possibilità di utilizzare i propri arredi, ivi compresi tavoli e sedute, ai fini del consumo immediato dei prodotti di gastronomia da parte della propria clientela.

BOLLETTINO N. 51 DEL 9 GENNAIO 2012 71

AS900 – COMUNE DI LUCCA – REGOLAMENTO COMUNALE SUGLI ESERCIZI DI SOMMINISTRAZIONE DI ALIMENTI E BEVANDE

Roma 4 gennaio 2012 Sindaco del Comune di Lucca

L’Autorità ha ricevuto una segnalazione, da parte del titolare di un esercizio di vicinato per la vendita di prodotti di gastronomia nel Comune di Lucca, nella quale si lamentano presunte distorsioni della concorrenza che deriverebbero dalla recente modifica dell’art. 17 del Regolamento Comunale sugli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande1, in particolare laddove la suddetta modifica avrebbe previsto che gli arredi degli esercizi di vicinato non possono coincidere con le attrezzature tradizionalmente utilizzate negli esercizi di somministrazione, ossia tavoli e qualsiasi tipo di seduta.

Inoltre, nella medesima segnalazione sono stati evidenziati gli effetti restrittivi della previsione del Regolamento comunale nella parte in cui lo stesso dispone che l’apertura di un ristorante sia condizionata ad una superficie minima di somministrazione pari a 165 m2. Nel merito, nella sua adunanza del 21 dicembre 2011, l’Autorità ha ritenuto di dover formulare il presente parere motivato, ai sensi dell’articolo 21 bis della legge n. 287/90, così come introdotto dal decreto legge 6 dicembre 2011, n. 2012, in ordine ai possibili effetti restrittivi della concorrenza delle suddette previsioni del Regolamento comunale.

In tale prospettiva, deve essere anzitutto evidenziato come il d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con la legge 4 agosto 2006, n. 248, all’art. 3 preveda che negli esercizi di vicinato sia consentito il consumo immediato dei prodotti di gastronomia, utilizzando i locali e gli arredi dell’azienda e osservando delle prescrizioni igienico-sanitarie, con la sola esclusione del servizio assistito di somministrazione.

In merito al contenuto di tale norma, la Circolare esplicativa del Ministero dello Sviluppo Economico n. 3603/C del 28 settembre 2006 ha poi chiarito che nei locali degli esercizi di vicinato gli arredi non possono coincidere con le attrezzature tradizionalmente utilizzate negli esercizi di somministrazione, né può essere ammesso il servizio assistito. Fermo restando quanto sopra, la medesima Circolare ha infine evidenziato che è “ammissibile […] l’utilizzo negli esercizi di vicinato di piani di appoggio di dimensioni congrue all’ampiezza ed alla capacità ricettiva del locale, nonché la fornitura di stoviglie e posate a perdere”. Pertanto, la Circolare se da un lato ha escluso che negli esercizi di vicinato possa essere ammesso il servizio assistito, dall’altro non ha espressamente vietato che il consumo sul posto possa svolgersi attraverso l’utilizzo di sedute.

A quest’ultimo proposito, infatti, in relazione agli arredi degli esercizi di vicinato, la Circolare si è limitata ad indicare come questi ultimi, svolgendo un’attività di vendita e non tipicamente di somministrazione, non possano utilizzare gli arredi-tipo di un esercizio di somministrazione, senza tuttavia introdurre il divieto esplicito di utilizzare una qualsiasi tipologia di seduta, quanto meno in ausilio al consumo sui piani d’appoggio. In ogni caso, il recente decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con legge 14 settembre 2011, n. 148, al Titolo II, art. 3, ha espressamente previsto il principio secondo cui l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge, concedendo ai Comuni un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione per adeguare i propri ordinamenti al medesimo principio. Ancora più recentemente, il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, all’art. 34, comma 2, ha previsto che la disciplina delle attività economiche debba essere improntata al principio di libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento, fatte salve le esigenze imperative di interesse generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con l’ordinamento comunitario, che possono giustificare l’introduzione di atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, nel rispetto del principio di proporzionalità. Tanto premesso in punto di diritto, deve rilevarsi come, nella misura in cui limita l’esercizio delle attività economiche degli esercizi di vicinato in assenza di un espresso divieto posto da una norma di legge (ad esempio, correlato ad esigenze di protezione della salute umana, ecc.), la modifica apportata al Regolamento comunale appaia in grado di determinare un ingiustificato svantaggio competitivo a danno di tale tipologia di esercizi commerciali. Sul punto, l’Autorità ritiene, dunque, che agli esercizi di vicinato non debba essere preclusa la possibilità di utilizzare i propri arredi, ivi compresi tavoli e sedute, ai fini del consumo immediato dei prodotti di gastronomia da parte della propria clientela.

Infine, con specifico riferimento alla previsione del Regolamento comunale secondo cui l’apertura di un ristorante è condizionata ad una superficie minima di somministrazione pari a 165 m2, si rileva come la stessa appaia in grado di rappresentare una barriera all’accesso all’attività di ristorazione, senza che vi siano, peraltro, peculiari ragioni sottese all’opportunità della medesima previsione.

In merito a tale previsione, l’Autorità ritiene che l’individuazione della superficie da riservare all’attività economica debba essere rimessa alla libera iniziativa di ciascun soggetto attivo sul mercato, quando non trovino giustificazione, come nel caso di specie, previsioni che definiscono per via regolamentare superfici minime di riferimento.

Ai sensi del citato art. 21 bis, comma 2, della legge n. 287/90, codesta amministrazione deve comunicare all’Autorità, entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione del presente parere, le iniziative adottate in relazione alle problematiche sopra evidenziate. Laddove entro tale termine essa non dovesse conformarsi ai principi concorrenziali sopra espressi, l’Autorità potrà presentare ricorso entro i successivi trenta giorni.

IL PRESIDENTE Giovanni Pitruzzella

1 Approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 12 del 22 gennaio 2009. 2 In Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2011, supplemento ordinario n. 251.


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