Tanto rumore per nulla: novità in arrivo dalla Comunità europea

Per arginare il fenomeno dell’inquinamento acustico, nella seduta del 2 aprile 2014 il Parlamento europeo ha approvato una disciplina regolamentare innovativa con limiti rigorosi e stringenti, che dovrebbe comportare, a regime, meno emissioni rumorose prodotte da autocarri, autoveicoli, furgoni e autobus in circolazione nella UE.
Il provvedimento sarà prossimamente pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, con la conseguente modifica della direttiva 2007/46/Ce e l’abrogazione della direttiva 70/157/Cee.

Con le nuove disposizioni regolamentari i valori limite di rumorosità saranno ridotti, a regime, di 4 dB(A) per le autovetture, i furgoni, gli autobus e i pullman; di 3 dB(A) per gli autocarri.
Secondo il testo normativo di cui trattasi, la riduzione dovrebbe avvenire in 3 fasi, la prima delle quali avrà decorrenza dal 1° gennaio 2017.
La disciplina prevede, tra l’altro, l’obbligo di munire i veicoli elettrici e quelli ibridi elettrici, che sono particolarmente silenziosi, di un sistema sonoro Avas (Acoustic Vehicle Alerting System), che avverta pedoni, ciclisti e ipovedenti del loro passaggio sulla strada.

C’è sicuramente da salutare con favore un siffatto intervento normativo della Comunità europea, con la speranza che esso concorra a diminuire l’inquinamento acustico che mette a repentaglio la vivibilità nelle zone del traffico urbano, con punte di assoluta criticità –dannose per la salute stessa e l’equilibrio psicofisico delle persone – negli affollati centri metropolitani della nostra penisola.

È solo però una flebile speranza, che si accompagna, purtroppo, a una certa dose di scetticismo circa l’efficacia di tali rimedi normativi, che in altri settori analoghi – come nel campo dell’inquinamento atmosferico – hanno dimostrato la sostanziale incapacità di introdurre misure idonee a contrastare e contenere i fattori inquinanti.
Si rammenta, sul punto, che l’Unione europea ha fissato limiti nazionali di emissione per quattro inquinanti: anidride solforosa (SO2), ossidi di azoto (NOx), composti organici volatili (VOC) e ammoniaca (NH3).
Nonostante ciò, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). circa il 90 % delle persone che vivono nelle città europee è esposto a livelli di inquinanti atmosferici ritenuti nocivi per la salute.

L’ultimo rapporto sulla qualità dell’aria, pubblicato nel 2013 dall’Agenzia europea per l’ambiente (AEA), asserisce senza mezzi termini che il problema dell’inquinamento atmosferico in Europa è lungi dall’essere risolto.
Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’AEA, ha affermato che “l’inquinamento atmosferico sta causando danni alla salute umana e agli ecosistemi. Un’ampia parte della popolazione non vive in un ambiente sano secondo gli standard attuali. Per avviare un percorso che porti alla sostenibilità, l’Europa deve essere ambiziosa e rendere più severa l’attuale normativa”.
D’altra parte è fuor di dubbio che i dati pubblicati parlano chiaro: nell’arco di tempo che va dal 2009 al 2011, il 96 % degli abitanti delle città è stato esposto a concentrazioni di particolato fine (PM 2.5) superiori ai limiti delle linee guida dell’OMS e fino al 98 % è stato esposto a livelli di ozono (O3) superiori alle linee guida dell’OMS.

Di fronte a questa vera e propria catastrofe ambientale, l’introduzione ex lege di limiti all’inquinamento (atmosferico o acustico che sia) rappresenta soltanto un blando palliativo, che può forse decorare il legislatore con un’aureola di moralità, ma che certamente non aiuta il sistema sociale a fare un salto di qualità, cambiamento questo che può soltanto derivare da una nuova consapevolezza culturale, nonché da una diversa concezione del nostro modello industriale di sviluppo

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