Il Governo ha impugnato tre diverse norme della l. r. Abruzzo n. 17/2010 ritenendo che esse possano incidere sull’assetto concorrenziale all’interno del mercato regionale, nella misura in cui pongono ulteriori limiti rispetto a quelli previsti dal legislatore statale con l’art. 5 del d. l. n. 223/2006 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito nella l. n. 248/2006 e con l’art. 11 del d. lgs. attuativo della delega Bassanini n. 114/1998 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio).
Risulterebbe infatti violata la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza, che emergerebbe in particolare dalla previsione:
a) che gli esercizi commerciali possano effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione solo se dotati di superfici minime (art. 5, co. 1);
b) che gli esercenti il commercio possano derogare dall’obbligo di chiusura domenicale e festiva per un numero di 40 giornate nell’arco dell’anno, stabilito con ordinanza sindacale, previa concertazione, con i sindacati e con le organizzazioni di categoria, delle giornate di chiusura infrasettimanale (art. 34, c. 2);
c) che i comuni, nel deliberare relativamente alle deroghe di cui alla disposizione precedente, limitatamente alla grande distribuzione, si impegnino ad inserire nei propri atti la garanzia di assicurare a rotazione il riposo ai lavoratori per almeno la metà delle giornate di apertura domenicale o festiva e a sostituire i lavoratori a riposo con assunzioni temporanee nelle giornate domenicali e festive, al fine di garantire e implementare l’occupabilità del settore (art. 34, c. 3).
Il Governo ha altresì impugnato l’art. 2 della legge della Regione Abruzzo 10 agosto 2010, n. 38 (Interventi normativi e finanziari per l’anno 2010) che, nel ricollegarsi al rispetto del comma 3 dell’art. 34 della legge regionale n. 17 del 2010, soggiacerebbe alle medesime censure già sollevate rispetto a quest’ultima disposizione.
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