Attività economiche e poteri regolatori dei Comuni, libertà di impresa ed esigenze di tutela del territorio per evitare situazioni di degrado e trasformazione incontrollata dei territori: un rapporto che vive spesso su di un equilibrio precario e difficile da preservare.
In questo ambito si assiste ad un nuovo fenomeno in costante espansione in alcune Città, specie quelle a spiccata vocazione turistica, e cioè la “turistificazione”, vale a dire l’esplosione di strutture ricettive, alberghiere ed extra alberghiere, che proliferano nei centri storici e nelle aree di maggiore attrattiva.
Con la conseguenza che spesso si assiste ad uno spopolamento di queste parti del territorio, con la relativa diminuzione di attività di commercio di prossimità e di attività artigianali a servizio dei residenti.
Ed allora fin dove può spingersi il potere del Comune per limitare queste attività ricettive?
Come può essere limitata la libertà di iniziativa economica delle imprese dal Comune senza farsi annullare dai giudici amministrativi i propri provvedimenti per carenza motivazionale e di presupposti?
Utili indicazioni in tal senso arrivano dalla recente sentenza n.308 del Tar Emilia Romagna che ha risolto il contenzioso insorto fra una società operante nel campo delle locazioni di immobili ad uso turistico ed il Comune di Bologna, che aveva vietato alla prima la propria attività in quanto in contrasto con il regolamento edilizio, precedentemente modificato, che prescriveva superfici minime per gli alloggi a scopo turistico.
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