Imprese e Pubblica Amministrazione a caccia di talenti: chi ci investe cresce di più

Il Sole 24 Ore
17 Aprile 2024
Scarica PDF Stampa
Modifica zoom
100%

di CLAUDIO TUCCI (dal Sole 24 OreC’è un filo rosso che lega innovazione, crescita e produttività di imprese e Pubblica Amministrazione, e passa per la valorizzazione del capitale umano, e soprattutto dei talenti. La quota di aziende infatti che si attendono quest’anno un aumento di fatturato è maggiore tra quelle che adottano pratiche per trattenere e attrarre talenti rispetto alle altre (41% contro 31%), evidenzia un’indagine realizzata dal centro studi Tagliacarne-Unioncamere, su un campione di 4mila imprese manifatturiere e dei servizi, contenuta nel report 2024 Cotec – Fondazione per l’Innovazione, che viene presentato e discusso oggi a Roma da responsabili Hr aziendali e università, assieme al ministro per la PA, Paolo Zangrillo. Emerge una spinta alla competitività che si esprime anche sui mercati internazionali: un aumento dell’export, sempre nel 2024, è atteso dal 36% delle imprese “Talent strategy” contro il 26% nel caso delle altre imprese. Gli effetti sono ancor più pronunciati se sono presenti laureati nelle discipline Stem, quelle cioè scientifico-tecnologiche. Crescita economica, quindi, che si accompagna, in parte, a quella occupazionale visto che le aziende “Talent strategy” prevedono un aumento della forza lavoro più consistente rispetto a quelle che non lo sono (23% contro 17%). Ma se complessivamente sono circa due terzi (66%) le imprese “Talent strategy”, la nota dolente è che questi giovani ad alto livello di istruzione, e di cui c’è bisogno, sono pochi, e una fetta se va pure via dall’Italia (l’Istat attesta che tra il 2012 e il 2021 circa 80mila laureati sono emigrati), spinti dalla ricerca non solo di migliori retribuzioni, ma anche di maggiori possibilità di carriera, di sviluppo e di benessere aziendale, inclusa un’adeguata work-life balance, come racconta un focus di Intesa Sanpaolo e università di Padova che hanno stilato l’identikit dell’expat laureato veneto. Senza girarci troppo intorno siamo di fronte a una delle principali sfide per il mercato del lavoro, pubblico e privato, italiano, alle prese con le rivoluzioni green e tecnologiche in atto e con la messa a terra del Pnrr (alla luce anche della forte denatalità che ogni anno fa perdere sui banchi 100/110mila studenti). Certamente un numero da cambiare (e in fretta) è il basso tasso di laureati. Siamo al penultimo posto nella classifica Ue di giovani tra i 25 e i 34 anni con un livello di istruzione terziaria (circa 29% contro il 41% della media Ue). La quota di “colletti bianchi” nelle discipline Stem è ancora troppo bassa, circa il 26,5% nel periodo 2011-2022, con una forte differenza tra donne e uomini nella scelta dell’indirizzo di studio. Nel caso delle donne, le lauree Stem rappresentano appena il 18,1% del totale, contro il 38% degli uomini. Abbiamo inoltre bisogno di 47mila diplomati Its Academy l’anno, e l’offerta invece è di poche migliaia. C’è poi un problema di attrattività delle università italiane rispetto ai laureati internazionali: siamo in crescita (passiamo dal 2,1 medio del 2022-2014, al 2,7 medio dei laureati totali in Italia nel 2019-2022), ma sono cifre troppo basse. Anche la situazione dei dottorati di ricerca è analoga a quella dei laureati, e quindi poco allineata ai Paesi nostri competitor. Nel periodo 2012-2022 si conta una media di circa 9.500 diplomi di dottorato l’anno, dato peraltro in riduzione. Di essi il 48,3% ricade nell’area Stem, meno di 5mila l’anno, un valore assolutamente insufficiente per un Paese come l’Italia. Una spinta può arrivare dalle start up innovative (a fine 2023 se ne contano 13.402), ma non c’è dubbio che la questione talenti è anche un problema di strategie organizzative. Le imprese che li trattengono utilizzano essenzialmente tre leve: incentivazione economica, flessibilità negli orari di lavoro, benefit aziendali. Ma se non iniziamo a risolvere i nodi strutturali legati a giovani e capitale umano, a cominciare da un buon orientamento in classe, alla lunga anche queste misure, da sole, rischiano di non bastare. * Articolo integrale pubblicato su Il Sole 24 Ore del 17 aprile 2024 (In collaborazione con Mimesi s.r.l.)