L’accesso civico generalizzato non può essere utilizzato per finalità esplorative o professionali, estranee al controllo sull’attività amministrativa: il suo esercizio deve rispettare i principi di buona fede, proporzionalità e trasparenza. La sentenza TAR Lombardia-Brescia (Sez. I), 24 marzo 2025, n. 243 ribadisce che le Pubbliche Amministrazioni non sono tenute a elaborare dati non già formati né a soddisfare richieste strumentali, ponendo un limite giurisprudenziale all’uso distorto del FOIA a fini contenziosi.
Indice
Contesto del caso
Il Tribunale Amministrativo Regionale si è pronunciato su otto ricorsi riuniti, proposti dall’assistito di una società fra avvocati, contro altrettanti enti gestori di RSA lombarde. Le domande erano identiche e vertevano sull’accesso civico generalizzato a dati inerenti ai contagi da SARS-CoV-2 e ai protocolli sanitari adottati negli anni 2020-2023.
Il ricorrente aveva avanzato istanze di accesso ai sensi dell’art. 5, comma 2 del d.lgs. n. 33/2013, ricevendo dinieghi da tutti gli enti, che motivavano il rigetto sull’assenza di un interesse pubblico concreto e sull’inammissibilità delle richieste per eccessiva genericità e onerosità.
Questioni giuridiche principali
Abuso dell’istituto dell’accesso civico generalizzato
Il TAR è stato chiamato a stabilire la legittimità dell’uso strumentale dell’accesso civico da parte di un soggetto giuridico al fine di un contenzioso risarcitorio per decessi da Covid-19. Il TAR valuta se il caso configuri un abuso del diritto.
Obbligo dell’Amministrazione di formare ex novo dati o estrapolazioni
Alla Corte è stato chiesto di determinare se l’Amministrazione fosse vincolata a rielaborare dati o costruire nuova documentazione (non già esistente).
Limiti al diritto di accesso in presenza di richieste sproporzionate o onerose
Ulteriore questione trattata è la possibilità di respingere l’accesso civico quando l’onere per l’Amministrazione si riveli eccessivo, anche alla luce del principio di buon andamento e delle direttive contenute nella giurisprudenza della Plenaria (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 10/2020).
Ratio decidendi (Analisi giuridica)
Il TAR ha fondato la decisione sull’interpretazione dell’art. 5, comma 2 del d.lgs. 33/2013, che ha fornito la nota sentenza Cons. Stato, Ad. Plen., 2 aprile 2020, n. 10. Nella suddetta circostanza evidenziata nel 2020, il Consiglio di Stato ha ribadito che il diritto all’accesso civico generalizzato, pur riconosciuto come diritto fondamentale e non subordinato a un interesse diretto, deve essere esercitato nel rispetto dei canoni di buona fede e proporzionalità.
Il Collegio ha evidenziato come le istanze presentate non fossero riconducibili ad uno scopo di controllo sull’attività amministrativa o di partecipazione al dibattito pubblico, bensì a finalità private e professionali: acquisizione di prove per contenziosi contro le RSA. La totale uniformità delle istanze e la loro natura priva di personalizzazione rispetto alle strutture interpellate, confermerebbe l’intento strumentale.
Inoltre, il TAR ha condiviso le obiezioni delle Amministrazioni sulla non disponibilità immediata dei dati richiesti, rilevando che l’estrazione dei numeri dei positivi e dei protocolli adottati avrebbe comportato un’attività di elaborazione non prevista dalla normativa sull’accesso civico. Il carico di lavoro necessario sarebbe stato sproporzionato rispetto all’utilità dichiarata della richiesta.
La sentenza ha altresì richiamato un precedente del TAR Lazio (n. 1250/2025), confermando l’impossibilità di rendere accessibili dati non già formati e l’onere irragionevole che simili istanze imporrebbero all’Amministrazione.
Dispositivo e decisione finale
Il TAR Lombardia, sezione di Brescia ha rigettato tutti i ricorsi riuniti, riconoscendo la sussistenza di un abuso del diritto di accesso civico generalizzato e l’eccessivo onere delle richieste.
Implicazioni giuridiche e pratiche
Pur riaffermando il valore dell’accesso come strumento di trasparenza, il TAR delimita con chiarezza i suoi confini, escludendo che possa essere impiegato per finalità meramente private o professionali, specie in assenza di un interesse effettivo all’azione amministrativa.
Per gli Enti pubblici e i gestori di servizi accreditati, la decisione conferma la legittimità del diniego in presenza di richieste massive, generiche o sproporzionate, specie se riconducibili a finalità estranee alla trasparenza: la sentenza rafforza il diritto dell’Amministrazione a non elaborare ex novo dati non immediatamente disponibili. Per chi opera nel settore giuridico, il pronunciamento funge da monito contro un uso improprio del FOIA come strumento esplorativo pre-contenzioso.
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