Notifiche da Pec “locali”, serve la prova del danno

Il Sole 24 Ore
6 Maggio 2024
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di DAVIDE SETTEMBRE (dal Sole 24 OreSulla questione della validità delle notifiche delle cartelle inviate da indirizzi Pec non ricompresi in pubblici registri la strada si è fatta in salita per il contribuente, che deve dimostrare, secondo il recente orientamento della Cassazione, di avere subìto un pregiudizio sostanziale da tale notifica. Il «casus belli» Negli ultimi anni è invalsa la prassi dell’agenzia delle Entrate Riscossione di notificare le cartelle di pagamento da indirizzi Pec “locali”, cioè riconducibili alle sue articolazioni regionali, anziché da quello ricompreso nel registro pubblico Ipa ( protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it ). Ciò ha prestato il fianco ai contribuenti che nei ricorsi, sulla scorta di alcuni orientamenti giurisprudenziali, hanno eccepito l’invalidità di queste notifiche che rendono impossibile ricondurre la Pec all’ente riscossore e quindi non consentono al destinatario di conoscere il contenuto dell’atto senza correre il rischio di essere attaccato da “software malevoli”. Le stesse Entrate sul proprio sito mettono in guardia i contribuenti dalle campagne di phishing che usano indebitamente il nome dell’Agenzia. La norme di riferimento In base alla precedente versione del comma 2, articolo 26, del d.P.R. 602/73 (in vigore fino al 21 febbraio scorso), la notifica della cartella poteva avvenire via Pec «all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (Ini-Pec), ovvero, peri soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’Ini-Pec, all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta». La legge aveva cioè previsto un “vincolo” per l’indirizzo Pec del destinatario della notifica, ma non per quello del mittente della cartella di pagamento. Da questo punto di vista, la fattispecie ora in vigore (modificata dal Dlgs 13/2024, articolo 1) non differisce nella sostanza dalla precedente. La Corte di cassazione, nelle originarie pronunce richiamate dai contribuenti (3709/2019 e 17346/2019), ha stabilito che la notifica con modalità telematica può essere eseguita solo da un indirizzo Pec che risulti da pubblici elenchi. Ciò in quanto l’articolo 3-bis della legge 53/1994- che però, va detto, riguarda solo le notifiche eseguite dagli avvocati – prevede che la notifica con modalità telematica si esegue via Pec dall’indirizzo risultante da pubblici elenchi (Ipa per le pubbliche amministrazioni, Inipec per imprese e professionisti e Reginde, il registro generale degli indirizzi). In seguito, i giudici di legittimità hanno però “corretto il tiro”. Con la sentenza 15979/22 le Sezioni unite hanno affermato che l’uso di un indirizzo non compreso nei pubblici elenchi non è causa di nullità qualora la notificazione abbia comunque permesso al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese senza nessuna incertezza sulla provenienza e l’oggetto dell’atto. Un’altra “sterzata” è avvenuta nel 2023. Con le sentenze 18684/23 e 982/23 la Suprema corte ha stabilito che la notifica da un indirizzo Pec non presente in un pubblico registro non inficia di per sé la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui risulta provenire, perché occorre che il contribuente provi quali pregiudizi sostanziali siano dipesi dalla ricezione della notifica da tale indirizzo. E il pregiudizio si potrebbe configurare, secondo quanto statuito dai giudici di merito, qualora, ad esempio, il contribuente non abbia aperto il messaggio di Pec con la cartella, temendo si trattasse di malware,e dunque non abbia impugnato l’atto nei termini di legge. * Articolo integrale pubblicato su Il Sole 24 Ore del 6 maggio 2024 (In collaborazione con Mimesi s.r.l.)