Tutela del consumatore: il TAR Lazio boccia l’uso improprio del termine “terme”

TAR Lazio 17 febbraio 2025, n. 3410

6 Marzo 2025
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Il TAR Lazio, con sentenza del 17 febbraio 2025, n. 3410, ha accolto il ricorso di una società termale contro il provvedimento di archiviazione adottato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) il 26 settembre 2023. Il tribunale ha ritenuto che l’AGCM non abbia svolto un’adeguata istruttoria, trascurando il potenziale ingannevole dell’uso del termine “terme” da parte di una società per strutture prive di acqua termale. La decisione si fonda sui principi sanciti dalla legge n. 323/2000, che limita l’uso del termine “terme” a strutture con riconosciuta efficacia terapeutica, e sulla giurisprudenza consolidata in materia di pratiche commerciali scorrette.

L’uso del termine ‘terme’ e la tutela del consumatore


Il contenzioso trae origine dalla segnalazione di una società termale all’AGCM contro un’altra società, accusata di utilizzare il termine “terme” e “spa” per promuovere strutture che, in realtà, non impiegano acque termali. Secondo la legge n. 323/2000, solo le aziende termali che utilizzano acque minerali naturali a fini terapeutici possono fregiarsi di tale denominazione. Tuttavia, l’AGCM ha archiviato la segnalazione, ritenendo che la distinzione tra “centri benessere” e “centri termali” nel sito web della società segnalata fosse sufficiente a evitare inganni per il consumatore.

Le censure del TAR Lazio all’AGCM


Il TAR ha ritenuto che l’AGCM non abbia adeguatamente approfondito la questione, limitandosi a verificare la presenza di una distinzione testuale nel sito web senza valutare il potenziale ingannevole della denominazione stessa. Il tribunale ha sottolineato che l’utilizzo della parola “terme” nella ragione sociale e nella comunicazione commerciale di strutture prive di acqua termale può generare confusione tra i consumatori, che potrebbero credere di trovarsi di fronte a un vero stabilimento termale.

Le implicazioni per il settore termale


La decisione del TAR rappresenta un precedente significativo per il comparto termale e per la tutela del consumatore. L’uso improprio del termine “terme” può alterare la concorrenza nel settore, consentendo a strutture prive di acqua termale di beneficiare indebitamente della reputazione e del prestigio associati ai veri stabilimenti termali.

Giurisprudenza collegata


La sentenza si inserisce in un filone giurisprudenziale che ha già visto interventi a tutela della corretta informazione del consumatore. In particolare, il TAR Lazio richiama precedenti decisioni che hanno ritenuto ingannevole l’uso di denominazioni evocative di caratteristiche non possedute dal servizio offerto (Tar Lazio, Sez. I, 15 marzo 2022, n. 2940; Cons. Stato, 26 gennaio 2022, n. 538). La Corte di Cassazione ha inoltre ribadito che la pubblicità ingannevole si configura anche quando un’informazione, pur veritiera, è idonea a indurre in errore il consumatore medio, influenzandone le scelte economiche (Cass. civ., Sez. I, 23 maggio 2019, n. 13872).

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