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Il Ministero dell’Interno con parere n.41245 del 24.12.2024 ha chiarito che il diritto di accesso dei consiglieri comunali deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali e non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative.
Il caso: una richiesta imponente, un dubbio legittimo
Con una nota pervenuta nel mese di dicembre 2024, il sindaco di un Comune ha richiesto l’intervento chiarificatore del Ministero dell’Interno, a fronte di un’istanza presentata da un consigliere comunale. L’esponente del Consiglio aveva domandato l’accesso a una mole imponente di documenti: tutte le scritture contabili, le fatture e la corrispondenza inviata e ricevuta dall’ente nel periodo 2019-2023. In totale, oltre 45.000 missive e 9.315 fatture.
Una richiesta che ha sollevato dubbi sulla sua legittimità e sostenibilità operativa per l’apparato amministrativo comunale. L’amministrazione, prima di decidere sul diniego, ha quindi sollecitato un parere ministeriale.
Un diritto ampio, ma non assoluto
Il Ministero ha risposto richiamando in primo luogo l’art. 43 del d.lgs. 267/2000 (TUEL), che riconosce ai consiglieri comunali il diritto di ottenere dagli uffici tutte le informazioni utili all’espletamento del proprio mandato. Tuttavia, come chiarito anche dal Consiglio di Stato (sentenza n.4792/2021), questo diritto va letto in relazione all’art. 42 TUEL, che individua le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo del Consiglio comunale.
Di conseguenza, il diritto all’accesso non si configura come illimitato, ma deve avere una finalità strumentale allo svolgimento del mandato, evitando derive ispettive che spettano ad altri organi.
Il TAR Veneto, con la sentenza n.393/2020, ha affermato che richieste eccessivamente dettagliate o troppo ampie – come nel caso in esame – si traducono in un controllo capillare e non coerente con la funzione consiliare.
Efficienza amministrativa e principio di proporzionalità
Un altro punto chiave sottolineato dal Ministero è il principio di buon andamento e di economicità dell’azione amministrativa, sancito dall’art. 97 della Costituzione.
L’adempimento della richiesta avrebbe comportato un rilevante aggravio organizzativo per l’amministrazione comunale, compromettendone l’efficienza. Anche il TAR Lazio (sent. n.49/2023) ha sottolineato che il diritto di accesso, pur riconosciuto, deve confrontarsi con le esigenze operative dell’ente.
La Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, in più occasioni (Plenum 2010 e pareri successivi), ha ribadito che l’amministrazione ha il dovere di contemperare il diritto del consigliere con la necessità di garantire la funzionalità dell’ente.
L’accesso documentale, l’accesso civico generalizzato e le altre forme di accesso previste dall’ordinamento
Le regole imprescindibili per non incorrere in responsabilità
11 Apr 2025 ore 9.00 – 13.00
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