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Il Consiglio di Stato, con sentenza 14 gennaio 2025, n. 240, ha ribadito la legittimità della riduzione dell’orario di apertura di un locale pubblico disposta dal Comune, in applicazione dell’art. 9 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (Tulps). La misura, di natura preventiva e non sanzionatoria, mira a mitigare fenomeni di disturbo alla quiete pubblica. Il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, cardine del buon andamento ex art. 97 Cost., risulta rispettato nella misura adottata. Viene confermata l’ampia discrezionalità amministrativa nel modulare le autorizzazioni di polizia per garantire un equilibrio tra libertà economica e interesse pubblico.
Il contesto normativo e il caso in esame
Un Comune ha adottato un provvedimento di riduzione dell’orario di apertura di un esercizio pubblico, motivandolo con la necessità di contrastare episodi di disturbo della quiete pubblica causati dagli assembramenti notturni. Il TAR Liguria aveva annullato il provvedimento, ritenendo assente un nesso di responsabilità diretta del gestore del locale. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione, riconoscendo la piena legittimità dell’intervento comunale, che non aveva natura sanzionatoria ma preventiva. L’art. 9 Tulps consente infatti all’autorità amministrativa di imporre prescrizioni agli esercizi commerciali per motivi di ordine pubblico, anche indipendentemente da una responsabilità diretta del titolare.
Discrezionalità amministrativa e principio di proporzionalità
La sentenza ha evidenziato come il provvedimento impugnato rispetti il principio di proporzionalità, articolato in tre livelli di verifica: idoneità, necessità e adeguatezza della misura. La riduzione degli orari di apertura si configura come misura idonea a prevenire i disturbi notturni, necessaria in quanto non esistono alternative meno restrittive con la stessa efficacia, e adeguata poiché bilancia gli interessi dell’imprenditore con quelli della collettività. Il Consiglio di Stato ha chiarito che le limitazioni orarie imposte non costituiscono una revoca o sospensione dell’autorizzazione, ma una sua rimodulazione per esigenze di pubblico interesse.
Il ruolo del Comune e la normativa applicabile
L’ordinanza impugnata era stata adottata dal dirigente comunale competente, in applicazione degli artt. 9 e 107 del Testo Unico degli Enti Locali (TUEL). La normativa vigente attribuisce ai dirigenti la facoltà di integrare le autorizzazioni di polizia con prescrizioni che rispondano a esigenze contingenti di sicurezza e ordine pubblico. Il Consiglio di Stato ha ribadito che il sindaco, in qualità di autorità locale di pubblica sicurezza, può intervenire solo in situazioni di particolare gravità, mentre nel caso di specie la competenza spettava agli uffici amministrativi comunali.
Giurisprudenza collegata e implicazioni future
Il principio affermato nella sentenza si inserisce in un filone giurisprudenziale consolidato (cfr. Cons. Stato, sez. III, 26 giugno 2019, n. 4403; Cons. Stato, 14 luglio 2020, n. 4554) secondo cui le autorità locali hanno ampia discrezionalità nel modulare le autorizzazioni amministrative per contemperare libertà economiche e interesse pubblico. In particolare, la giurisprudenza ha chiarito che le limitazioni orarie per motivi di ordine pubblico rientrano nei motivi imperativi di interesse generale, legittimando anche eventuali restrizioni alla libertà d’impresa.
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