Il provvedimento adottato dalla p.a. dopo la presentazione della SCIA, che vieta la prosecuzione dell’attività intrapresa, costituisce un intervento inibitorio che la legge consente espressamente alla P.a. procedente di assumere al fine di esercitare la propria potestà di verifica successiva circa la sussistenza dei requisiti e dei presupposti di legge che l’interessato dichiara essere presenti all’atto dell’inoltro della SCIA. La tesi del consolidamento degli effetti della SCIA non può, dunque, essere condivisa. È noto che, pur a fronte di una SCIA – istituto riconducibile nell’alveo degli interventi normativi di semplificazione dell’attività amministrativa, così come per la DIA che l’ha preceduta – residua senz’altro in capo alla p.a. una generale potestà di vigilanza. Detta pote stà di vigilanza può assumere, in concreto, fisionomia di potestà inibitoria, di repressione di abusi, o , più in generale, di autotutela. Questo atteggiarsi dell’istituto in questione appare coerente alla sua fisionomia di strumento di semplificazione procedimentale e non già di autentica liberalizzazione. Ciò significa che la p.a., sebbene non abbia più il compito di esprimere un assenso preventivo in ordine all’esercizio di determinate attività imprenditoriali (non più assoggettate a contingentamento complessivo) è, cionondimeno, legittimata ad effettuare le successive verifiche di competenza di cui parla esplicitamente l’art. 19 della legge 241/1990 nella sua ultima versione.
Fonte: La gazzetta degli enti locali.it
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