Il diritto di accesso del consigliere comunale agli atti giudiziari: riflessioni a margine del parere del Ministero dell’Interno del 27 marzo 2025

Approfondimento di Domenico Trombino

Domenico Trombino 8 Aprile 2025
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Il presente contributo si pone in linea di continuità con la precedente riflessione dedicata alla portata e ai fondamenti del diritto di accesso dei consiglieri comunali, proponendosi di esaminare, in questa sede, i profili di criticità connessi all’esercizio di tale prerogativa in relazione ad atti giudiziari contenenti dati sensibili o giudiziari.

L’analisi intende altresì consolidare una piattaforma per futuri approfondimenti dedicati all’operatività concreta dei criteri di bilanciamento e all’individuazione di soluzioni amministrative coerenti con i principi di proporzionalità, pertinenza e necessità.

Nel sistema delle autonomie locali, il diritto di accesso riconosciuto ai consiglieri comunali rappresenta una delle prerogative fondamentali poste a presidio dell’effettivo esercizio del mandato elettivo, configurandosi non già quale facoltà soggettiva fine a sé stessa, bensì come strumento essenziale per lo svolgimento delle funzioni istituzionali affidate ai componenti dell’organo consiliare. Il fondamento normativo di tale diritto si rinviene nell’art. 43, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico degli Enti Locali), rubricato Diritti dei consiglieri, il quale stabilisce che i consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici dell’ente tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del mandato. Tale previsione normativa si colloca nel solco di un disegno legislativo ispirato al principio della trasparenza e della responsabilità dell’azione amministrativa, e, al contempo, risponde all’esigenza di garantire l’effettività del controllo politico-amministrativo da parte dell’assemblea elettiva. In questa prospettiva, il diritto di accesso consiliare assume una valenza eminentemente funzionale, non potendo essere esercitato in modo arbitrario o per finalità estranee all’esercizio del mandato. La sua giustificazione risiede, dunque, nella necessità di consentire al consigliere di conoscere approfonditamente l’attività amministrativa per poter formulare valutazioni, esprimere indirizzi e, se del caso, sollevare criticità nei confronti dell’agire amministrativo a livello locale.

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